13. - INVALIDITA’, PENSIONI, INDENNITA’

13.1 L'invalidità civile e lo stato di handicap

Tutti i cittadini affetti da minorazioni fisiche o psichiche possono ottenere la certificazione di invalidità civile, di handicap delle capacità lavorative:

  • legge 118/71: accerta l’invalidità civile e riconosce una percentuale di invalidità;
  • legge 104/92: accerta lo stato di handicap. A seconda del grado di handicap la persona consegue il diritto di ottenere diversi benefici e percorsi di priorità nell’accesso alle risorse;
  • legge 68/99: accerta le capacità lavorative, per l’iscrizione alle liste di collocamento obbligatorio delle persone aventi residue capacità lavorative.
L’accertamento della condizione di invalidità civile è effettuata da una commissione operante presso l’ATS del territorio di residenza del richiedente. A seguito della visita medica la Commissione ATS stabilisce la percentuale di invalidità, sulla base di apposite tabelle che raccolgono le patologie più diffuse, e la riporta su un verbale. A tale invalidità corrispondono determinati benefici, tra cui anche alcune provvidenze economiche, l’esenzione dal ticket e l’iscrizione alle liste di collocamento obbligatorio. (

La legge 248 del 2 dicembre 2005, articolo 10, ha trasferito all’INPS le funzioni di verifica riguardanti i verbali di invalidità civile (legge 118/70) e di riconoscimento dell’handicap (legge 104/92) e disabilità (legge 68/99). L’INPS che, come noto, già provvede all’erogazione delle provvidenze economiche, diventa anche organo di verifica dei verbali dell’ATS)


a) Presentazione della domanda di invalidità e documentazione necessaria

La domanda può essere presentata dall’interessato o da chi lo rappresenta legalmente (genitore, tutore per i minorenni, curatore, amministratore di sostegno) allegando apposito certificato compilato dal medico di base o medico specialista di struttura pubblica.

Il certificato medico deve attestare la natura dell’infermità invalidante e la relativa diagnosi deve essere espressa dal medico certificante con chiarezza e precisione, in modo da consentire l’individuazione dell’infermità che, per la sua particolare gravità, determina la totale incapacità lavorativa o che, per la sua media o minore entità, determina invece la riduzione di tale capacità.

Il DPR 618/94 sancisce che la convocazione per la visita deve avvenire entro tre mesi dalla data di presentazione della domanda. Nel caso la commissione medica non fissi la visita di accertamento entro il citato termine, è possibile presentare una diffida all’Assessorato Regionale alla Sanità che provvederà a fissare la data per la visita entro nove mesi dalla data di presentazione della domanda. Se questo non accade (silenzio rigetto) si può ricorrere al giudice ordinario.

Durante la visita di accertamento è possibile farsi assistere dal proprio medico di fiducia e, nel caso in cui l’interessato sia impossibilitato a presentarsi personalmente per documentati motivi di salute, la Commissione medica disporrà una visita domiciliare che può essere richiesta anche da un famigliare convivente.

In seguito alla visita la commissione invalidi civili dell’ATS trasmette l’esito alla commissione di verifica  che lo convalida o meno. La commissione di verifica ha 60 giorni di tempo per richiedere la sospensione della procedura, trascorsi i quali vige il principio del silenzio-assenso. L’ATS trasmette all’interessato il verbale che riporta l’esito della visita.

b) Ricorsi  (Tratto dalla guida INPS - "Diritti delle persone con disabilità" - Cliccare qui)

Nell’ambito dell’invalidità civile si possono presentare ricorsi sia contro i pareri sanitari sia contro quelli amministrativi.

1. Ricorso contro il parere sanitario

: se non si condivide il parere sanitario espresso dalla

 

commissione medica dell’ATS, è possibile presentare ricorso solo in via giurisdizionale, entro sei mesi dalla data di ricevimento del verbale della visita di accertamento di invalidità. Dal 1° gennaio 2005, infatti, non è più possibile presentare ricorso amministrativo presso la commissione medica superiore del Ministero dell’economia e delle finanze. Se il ricorso viene respinto dal giudice, chi lo presenta è tenuto al pagamento delle spese processuali, qualora nell’anno precedente a quello della scadenza avesse un reddito imponibile (comprensivo dei redditi esenti da Irpef) superiore ai limiti stabiliti dalla legge.

 

2. Ricorso contro il parere amministrativo:

nel caso in cui, dopo l’accertamento dell’invalidità, la regione d’appartenenza o l’ente da questa delegato (INPS, ATS o Comune) si rifiuti di pagare la prestazione economica concessa per mancanza dei requisiti amministrativi (superamento dei limiti di reddito, di età ecc.) si può presentare ricorso all’ente che ha emanato il provvedimento, indirizzandolo al Comitato provinciale dell’INPS territorialmente competente. Il ricorso va presentato in carta semplice entro 90 giorni dal ricevimento della lettera con la quale è stato comunicato il rifiuto. Trascorsi 90 giorni dalla presentazione del ricorso ci si può rivolgere al giudice ordinario.c) Domanda di aggravamento

Chi ha ottenuto il riconoscimento di invalido civile può presentare richiesta di aggravamento.

La procedura è come quella prevista per la prima visita. In questo caso, alla documentazione va aggiunta la copia del verbale della prima visita. Qualora sia stato attivato il ricorso al giudice ordinario, la domanda di aggravamento può essere presentata soltanto dopo la definizione del ricorso stesso, se negativo.

Il richiedente deve sapere che la Commissione valuterà il quadro clinico attuale e quindi il riconoscimento della relativa percentuale sarà direttamente correlato al miglioramento o aggravamento delle condizioni sanitarie, per questo motivo è importante che il medico che certifica la patologia ponga l’accento sulle condizioni che ne hanno causato un peggioramento, descrivendole dettagliatamente. Ne consegue che la percentuale ottenuta nella prima visita potrà essere aumentata o diminuita.


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13.2. SOSTEGNO ECONOMICO

a) Assegno ordinario di invalidità

Il lavoratore che presenta minorazioni fisiche o mentali che pregiudicano la sua capacità lavorativa può, se sussistono i requisiti sanitari e contributivi, richiedere l’assegno di invalidità.
Requisito sanitario
Successivamente alla presentazione della domanda all’INPS, l’interessato sarà chiamato a sostenere una visita che verrà effettuata dai medici dell’INPS, i quali dovranno verificare se l’infermità fisica o mentale è tale da ridurre permanentemente la capacità lavorativa a meno di un terzo (almeno 67% di invalidità), in occupazioni confacenti alle attitudini dell’interessato.

Requisito contributivo
Per avere diritto alle prestazioni colui che è stato riconosciuto invalido deve possedere anche precisi requisiti assicurativi:
•aver versato complessivamente almeno tre anni di contributi (156 settimane) nel quinquennio precedente la domanda;
•essere iscritto all’INPS da almeno cinque anni.

L’assegno ordinario di invalidità ha carattere temporaneo: dura tre anni e può essere rinnovato su richiesta del lavoratore disabile. Dopo il terzo rinnovo consecutivo l’assegno diventa definitivo. Per evitare che il pagamento dell’assegno si interrompa bisogna presentare domanda di rinnovo nel semestre precedente la scadenza del triennio. L’assegno non è reversibile.
L’importo dell’assegno di invalidità è calcolato sulla base dei contributi versati. Nel caso in cui risulti di importo modesto e i redditi posseduti non superano determinati limiti, può essere aumentato fino al raggiungimento di una cifra non superiore all’assegno sociale che per il 2009 ammonta a 409,05 euro.

Ricorso
Se la domanda di assegno ordinario di invalidità viene respinta è possibile presentare ricorso al Comitato provinciale dell’INPS entro 90 giorni dalla data di ricevimento della lettera di risposta.


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b) Pensione di inabilità INPS

La pensione di inabilità è stata istituita dall’art. 12 della legge 30 marzo 1971 n. 118.
Spetta agli invalidi civili nei confronti dei quali è stata accertata una totale inabilità al lavoro e che si trovino in stato di bisogno economico. Per questa seconda condizione vengono annualmente fissati dei limiti di reddito personale che non devono essere superati.

Requisito
Il lavoratore dipendente o autonomo ha diritto alla pensione di inabilità se possiede i seguenti requisiti sanitari e contributivi:

  • un’infermità fisica o mentale, accertata dai medici dell’INPS, che impedisca lo svolgimento di una qualunque attività lavorativa ( invalidità pari al 100%);
  • età compresa fra i 18 e i 65 anni;
  • almeno tre anni di contributi versati (156 settimane) nel quinquennio precedente la domanda;
  • l’iscrizione all’INPS da almeno cinque anni.
La domanda può essere presentata a qualunque sede INPS.

La pensione di inabilità è incompatibile con lo svolgimento di qualunque attività lavorativa e con eventuale rendita INAIL per infortunio o malattia professionale. Nel caso in cui si abbia diritto a entrambi i benefici si può scegliere quello più favorevole.
La pensione di inabilità è compatibile con l’indennità di accompagnamento e con tutte le pensioni percepite a titolo di invalidità (guerra, per cause di servizio, ecc.). La pensione di inabilità è reversibile.
Al compimento del 65° anno di età la pensione di inabilità viene trasformata in assegno sociale.
Per il 2009 l’importo mensile della pensione di inabilità è stato di € 255,13.

Ricorso
Se la domanda di pensione di inabilità viene respinta è possibile presentare ricorso al Comitato provinciale dell’INPS entro 90 giorni dalla data di ricevimento della lettera di risposta.


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c) Assegno mensile di assistenza

I titolari di pensione di inabilità hanno anche diritto all’assegno mensile di assistenza personale e continuativa, se non possono svolgere le attività quotidiane senza un aiuto costante.

L’assegno non spetta nei periodi di ricovero in istituti pubblici a lunga degenza e non è compatibile con la rendita INAIL corrisposta per infortuni sul lavoro o per malattie professionali.

La domanda di assegno mensile di assistenza, che può essere fatta contestualmente a quella per la pensiona di inabilità, deve essere presentata presso la sede dell’INPS.


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d) Indennità di accompagnamento

 

L’indennità di accompagnamento è stata istituita dalla legge n. 18 dell’11 febbraio 1980.

Viene erogata, indipendentemente dall’età, all’invalido civile a cui è stata riconosciuta una invalidità al 100%. Per poter percepire l’indennità di accompagnamento la persona invalida però non deve essere ricoverata in strutture che prevedano il pagamento della retta a carico dello Stato o Ente pubblico.

Nel caso di domande finalizzate ad ottenere l’indennità di accompagnamento, il certificato medico, oltre ad esprimere con chiarezza e precisione la diagnosi della malattia invalidante, deve anche contenere la dicitura “Persona impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore”, oppure “Persona che necessita di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”.

 

L’indennità di accompagnamento:

- non è compatibile con le erogazioni di provvidenze simili, erogate per cause di servizio, lavoro o guerra;

- è compatibile con lo svolgimento di attività lavorative;

- viene erogata al solo titolo della minorazione; pertanto è indipendente dal reddito posseduto dall’invalido e dalla sua età;

- è compatibile con la titolarità di una patente speciale;

- viene erogata anche ai detenuti;

- non è reversibile.

 

Inoltre:

- con sentenza n. 667 del 22 gennaio 2002 la Cassazione ha precisato che l’indennità di accompagnamento prevista dalla legge 18/80 deve essere attribuita anche alla persona affetta da disturbi psichici che, pur essendo in grado di deambulare, di mangiare e di lavarsi da sola, non abbia la capacità di organizzarsi autonomamente per la sopravvivenza.  (Fonte: SuperAbile INAIL: Cliccare qui)

- con sentenza n. 1268 del 2005, la Corte di Cassazione ha ulteriormente disposto che “l’indennità di accompagnamento, prevista quale misura assistenziale diretta anche a sostenere il nucleo familiare, va riconosciuta a coloro che, pur capaci di compiere materialmente gli atti elementari della vita quotidiana (mangiare, vestirsi, pulirsi), necessitano di accompagnatore perché sono incapaci (in ragione di gravi disturbi della sfera intellettiva e cognitiva, addebitabili a forme avanzate di stati patologici) di rendersi conto della portata dei singoli atti che vanno a compiere e dei modi e dei tempi in cui gli stessi devono essere compiuti”. (Fonte INTRAGE: Cliccare qui)

 

Per il 2009 l’importo mensile dell’indennità è di € 472,04.

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e) Indennità di frequenza (Tratto da Le Guide INPS - I diritti delle persone con disabilità: cliccare qui) 

L’indennità di frequenza, prestazione a favore dei minori per il sostegno dell’inserimento scolastico e sociale, è stata istituita dalla legge n. 289 dell’11 ottobre 1990. Requisiti:

- essere riconosciuto “minore con difficoltà persistenti a svolgere le funzioni proprie dell’età” o “minore con perdita uditiva superiore a 60 decibel nell’orecchio migliore”;

- frequentare un centro di riabilitazione, o un centro di formazione professionale, o un centro occupazionale o una scuola di ogni ordine e grado o un asilo nido;

- non disporre di un reddito annuo personale superiore a € 4.382,43 per il 2009.


E’ concessa fino ai 18 anni di età.

 

Al compimento della maggiore età, l’individuo se non è già stato riconosciuto invalido con totale e permanente invalidità lavorativa e con impossibilità a deambulare, può presentare domanda di rivalutazione dello stato di invalidità civile per ottenere una percentualizzazione della capacità lavorativa residua che permetta di mantenere i diritti acquisiti rispetto alle prestazioni sanitarie e, se la percentuale è pari o superiore al 46%, l’iscrizione nelle liste speciali ai fini dell’integrazione lavorativa.

 

L’indennità di frequenza non spetta nei periodi in cui il minore è ricoverato, con carattere di continuità, in istituti pubblici ed è incompatibile con l’indennità di accompagnamento. Per il 2009 l’importo mensile dell’indennità di frequenza è di € 255,13.
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f) Assegno mensile di assistenza per invalidi civili parziali  (Tratto da Le Guide INPS - I diritti delle persone con disabilità: cliccare qui) 

 

L’assegno mensile di assistenza è stato istituito dall’articolo 13 della legge 30 marzo 1971 n. 118. Spetta agli invalidi civili nei confronti dei quali sia stata accertata una percentuale di invalidità minima del 74%.

L’importo dell’assegno mensile è pari a quello della pensione di inabilità, ossia € 255,13 per il 2009.


Requisiti:

- età compresa tra i 18 e i 65 anni di età;

- avere il riconoscimento dell’invalidità civile dal 74% al 99%;

- disporre di un reddito annuo personale non superiore al limite di legge;

- essere iscritti ai Centri per l’impiego;

- non svolgere attività lavorativa (requisito soddisfatto anche se l’attività lavorativa è minima e non comporta il superamento di un reddito personale annuo pari a € 7.500,00 per lavoro dipendente o € 4.500,00 per lavoro autonomo).

 

L’assegno è incompatibile con l’erogazione di altre pensioni di invalidità erogate da altri organismi (INPS, INPDAP, ecc.). E’ inoltre incompatibile con pensioni di invalidità di guerra, lavoro e servizio. Dopo il sessantacinquesimo anno di età l’assegno viene trasformato in pensione sociale.

 

In seguito alla sentenza n. 329 del 9 luglio 2002 della Corte Costituzionale, l’INPS, con circolare n. 157 del 22 ottobre 2002, ha corretto la precedente posizione stabilendo che la frequenza scolastica comprovata con regolare certificazione sarà sufficiente a dimostrare la “non collocazione” al lavoro ed a consentire, quindi, l’erogazione dell’assegno mensile di assistenza se sussistono gli altri requisiti anche agli studenti al di sopra dei 18 anni.

 

Se la percentuale di inabilità per invalidi civili totali riconosciuta è del 100% l’invalido ha diritto alla pensione di inabilità (diversa dalla pensione di inabilità dell’INPS, per la quale sono necessari requisiti contributivi) di importo pari all'assegno di assistenza pari a € 255,13. In questo caso il tetto di reddito da non superare sale a € 14.886,28 annui per il 2009.

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g) La pensione ai superstiti (Tratto da opuscolo UTIM: cliccare qui)

E’ la pensione che, alla morte del lavoratore assicurato o pensionato, spetta ai componenti del suo nucleo familiare e quindi anche ai figli inabili, di qualsiasi età, se a carico.

Questa pensione può essere di reversibilità se la persona deceduta era già pensionata (pensione di vecchiaia, anzianità o inabilità) oppure indiretta se la persona, al momento del decesso, svolgeva attività lavorativa. In tal caso il deceduto doveva aver accumulato in qualsiasi epoca almeno 15 anni di contributi oppure doveva essere assicurato da almeno 5 anni di cui almeno 3 versati nel quinquennio precedente la data di morte.

In mancanza del coniuge, dei figli, dei nipoti e dei genitori, possono usufruire della pensione ai superstiti anche i fratelli celibi e le sorelle nubili che alla data della morte del lavoratore o del pensionato siano inabili al lavoro, anche se minori, non siano titolari di pensione e che risultino a carico dell’assicurato o pensionato deceduto con un reddito non superiore all'importo del trattamento minimo maggiorato del 30%.


Sono considerati a carico:

- I figli maggiorenni inabili che hanno un reddito non superiore a quello richiesto dalla legge per il diritto alla pensione di invalido civile totale. Per il 2009 è pari a € 1.240,52 mensili.

- I figli maggiorenni inabili, titolari dell’indennità di accompagnamento, che hanno un reddito non superiore a quello richiesto dalla legge per il diritto alla pensione di invalido civile totale aumentato dell’importo dell’indennità di accompagnamento. Per il 2009 è pari a € 1.712,56 mensili.
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h) Per gli eredi  (Tratto da Le Guide INPS - I diritti delle persone con disabilità: cliccare qui) 

Se la persona con disabilità muore dopo aver fatto domanda di accertamento sanitario, ma prima di essere stata chiamata a visita, gli eredi possono chiedere che la procedura continui, se sono in possesso di una documentazione medica che comprova chiaramente la causa della situazione invalidante e che può consentire un compiuto e motivato giudizio medico-legale.

Se, invece, la morte sopraggiunge dopo l’accertamento dell’invalidità e l’assegnazione di una qualunque indennità o pensione, le somme eventualmente non riscosse spettano agli eredi secondo le vigenti norme sulle successioni.

Se vi sono più eredi le somme possono essere riscosse da uno solo di questi, munito di delega, oppure suddivise, secondo le quote spettanti a ciascuno.

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i) Assegno sociale (Tratto da Le Guide INPS - I diritti delle persone con disabilità: cliccare qui) 

Al compimento del 65° anno di età, coloro che in precedenza percepivano la pensione di inabilità, l’assegno mensile di assistenza o la pensione non reversibile per sordomuti, hanno diritto, in presenza di determinati requisiti reddituali, alla sostituzione di questi trattamenti con l’assegno sociale, di importo più alto.

Per stabilire il reddito gli invalidi civili devono considerare soltanto i redditi personali assoggettabili all’Irpef.

In caso di superamento del limite di reddito stabilito dalla legge, l’assegno sociale viene sospeso fino a quando i redditi non rientrano nei limiti disposti.

I titolari di assegno sociale che non hanno altri redditi o che hanno redditi inferiori ai limiti di legge possono ottenere un aumento dell’importo dell’assegno (maggiorazione sociale).

Per il diritto alla maggiorazione sociale si devono considerare tutti i redditi, anche quelli non assoggettabili all’Irpef.

Agli invalidi civili totali, ai titolari di pensione di inabilità, ai sordomuti e ai ciechi assoluti, in presenza del requisito reddituale, la maggiorazione sociale spetta già al compimento del sessantesimo anno

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l) L’Assegno al nucleo familiare  (Tratto da opuscolo UTIM: cliccare qui)  

Si riportano di seguito alcune note riguardanti gli assegni familiari in quanto, nel caso di lavoratori aventi a carico una persona con handicap, esse si differenziano dalle norme generali.

Per il pagamento dell’assegno è necessario che il reddito familiare non superi determinati limiti di reddito stabiliti ogni anno dalla legge. Il reddito è costituito da quello del richiedente e di tutte le persone che compongono il nucleo familiare. Il reddito del nucleo familiare, da prendere in considerazione ai fini della concessione dell’assegno, è quello prodotto nell'anno solare precedente il 1° luglio di ogni anno ed ha valore fino al 30 giugno dell’anno successivo.

Al fine del diritto all'assegno si considera la somma dei redditi complessivi assoggettabili all’Irpef e dei redditi di qualsiasi natura, quelli esenti da imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte se superiori a € 1.032,91.

I redditi da lavoro vanno considerati al netto dei contributi previdenziali ed assistenziali. L’assegno spetta solo se la somma dei redditi derivanti da lavoro dipendente, da pensione o da altre prestazioni conseguenti ad attività lavorativa dipendente (integrazioni salariali, disoccupazione, ecc.) riferita al nucleo familiare nel suo complesso, ammonta almeno al 70% dell’intero reddito familiare.

 

A chi spetta.

Per i componenti del nucleo familiare:

- il richiedente l’assegno;

- il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;

- i figli (legittimi, legittimati, adottivi, affiliati, naturali, legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati, nati da precedente matrimonio dell’altro coniuge, affidati a norma di legge) e i nipoti viventi a carico, di ascendente diretto di età inferiore a 18 anni;

- i figli maggiorenni inabili che si trovano, per difetto fisico o mentale, nella assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro;

- i fratelli, le sorelle ed i nipoti collaterali del richiedente minori di età o maggiorenni inabili, a condizione che siano orfani di entrambi i genitori e non abbiano diritto alla pensione ai superstiti.

 

Tutte queste persone fanno parte del nucleo anche se:

- non sono conviventi con il richiedente (ad eccezione dei figli naturali);

- non sono a carico del richiedente;

- non sono residenti in Italia.

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