Riportiamo qui di seguito la trascrizione pressoché letterale dell'intervento della nostra presidente, Dott.ssa Francesca Mannucci, riguardante lo stato attuale della psichiatria in Italia.


29 Ottobre 2016 - Palazzo Terragni - Lissone

Buonasera, sono Francesca Mannucci e sono la mamma di Giulia.

Prima di tutto vi porto i saluti del Dottor Viganò, Presidente del Centro di Servizio del Volontariato, queste sono le sue parole.

“ Non sono molte le associazioni che cercano di migliorare la prevenzione, la cura e le politiche sanitarie rivolte alla Psichiatria. Voi con coraggio, forza e discrezione vi mettete in gioco in prima persona. Occorre fare rete con altre associazioni, incidere sui decisori politici. Ormai è il tempo; il CSV di Monza e Brianza intende, in questa importante azione esservi accanto.”

La nostra socia - si riferisce al precedente intervento di Gianna Fossati (nostra socia, nonché valente attrice!) - vi ha brevemente illustrato  chi siamo e cosa vorremmo fare, io vi parlerò del contesto nel quale ci muoviamo in Italia nell'ambito delle malattie mentali.

A nostro parere la Psichiatria è la Cenerentola della Sanità; cioè le vengono riservate poche risorse: soldi, medici e infermieri.

Eppure, non ci dicono forse che in merito abbiamo una legge molto buona? La legge 180 del 1978, detta anche legge Basaglia (Per maggiori informazioni cliccare qui).

Ci dicono anche che è una legge che tutto il mondo ci invidia, eppure, passati i nostri confini, paesi come Inghilterra, Francia, Germania e Spagna, nonostante moderne ed avanzate legislazioni, in tema di salute mentale hanno conservato gli ospedali psichiatrici.

Aggiungono anche che siamo una lodevole eccezione perché tra i paesi avanzati abbiamo il più basso numero di posti letto per la psichiatria con buoni risultati, ma noi, famiglie, non riusciamo a vederli .

Dicono anche che l’Italia ha dimostrato, da lungo tempo che è possibile fare a meno degli ospedali psichiatrici. Infatti, con la legge 180, sono stati chiusi e distrutti - anche quando erano ubicati in costruzioni ben fatte e circondati da ampi parchi - senza aver costruito alternative, con l’idea che i malati potessero tornarsene a casa.

Della "bontà" di questa idea sono testimonianza i tanti suicidi dei pazienti dimessi dai manicomi.

Non se ne parla mai: cancellati! Ne troviamo però testimonianza in Mario Tobino, psichiatra di Maggiano, provincia di Lucca (Cliccare qui)ne parlano il   dott Alberto Italo (psichiatra e psicoterapeuta, vive e lavora a Vicenza; ha pubblicato " Il manicomio prima e dopo") e il dott Glauco Carloni (Cliccare qui).

Gli ospedali psichiatrici non erano tutti luoghi squallidi di reclusione, come diventò di moda raccontarceli.

C’erano Ospedali ben organizzati, e funzionali per le cure, divisi in reparti diversi per donne, uomini, cronici, giovani.

Già prima della 180 erano iniziate esperienze di liberalizzazione dell’assistenza, ricoveri temporanei, invio al domicilio e assistenza sul territorio: ad esempio, In Emilia, come ricorda Giovanni Jervis (Cliccare qui), a Maggiano

La legge Mariotti del 1968 (Cliccare qui) prevedeva l’istituzione di Ospedali diurni, per coloro che necessitando assistenza, volessero poi tornare a casa per il riposo notturno e Ospedali notturni, per coloro che, pur lavorando,  desiderassero un luogo protetto e cure.

Adesso negli SPDC - i reparti psichiatrici all'interno degli ospedali generali - non ci sono più divisioni, né per sesso né per patologia: giovani e vecchi, agitati e tranquilli, persone piantonate dalle guardie carcerarie e donne depresse. Tutti assieme!

Nostra figlia, appena maggiorenne, nel suo primo ricovero fu sistemata di fianco ad una donna contenuta al letto.

In conclusione si tratta di una legge sbagliata perchè basata su preconcetti teorici: la malattia mentale è causata dalla società, e dai pregiudizi, la famiglia è colpevole... molti di noi qui presenti lo sanno bene.

Alcune peculiarità delle malattie psichiatriche in tutto il mondo.

Nel 1932 uno studio americano riportava, per i malati psichiatrici, una ridotta aspettativa di vita misurabile tra 14 e 18 anni.

Nel 2006 l'aspettativa di vita è misurabile tra 13 e 30 anni. Tra le le cause è sicuramente possibile elencare:

- malattie cardiovascolari

- cancro

- suicidi (negli ultimi 25 anni i suicidi sono sensibilmente aumentati, anche se è difficile attribuirne tutte  le cause.

come è noto fumo ed inattività aumentano il rischio di malattie cardiovascolare: questo è quello che fanno abitualmente i pazienti psichiatrici quando sono ricoverati. Certo non si può impedire loro di fumare, ma, se si lascia a disposizione solo la stanza fumo non venendo proposte attività o colloqui, cosa pensiamo che possano fare?

Il 40% degli SPDC non dispone di ambienti di soggiorno oltre la sala da pranzo.

Capitolo psicofarmaci

E' del 1952 la scoperta del primo psicofarmaco, si è trattato di una grande rivoluzione: si poteva calmare il delirio e la sofferenza psichica.

Il dott. Silvio Garattini (Cliccare qui), direttore dell’istituto farmacologico Mario Negri, sottolinea però che dal 1957 non ci sono stati più progressi significativi nella cura farmacologia delle psicosi, ad eccezione dei farmaci per la depressione.

Gli psicofarmaci portano ad aumento di peso e aumentano il rischio cardiovascolare. Inoltre ogni individuo risponde in modo diverso. Per alcuni poi, non funzionano affatto: circa il 30%.

La domanda è: quali benefici ci aspettiamo? Come valutare l’importanza degli effetti collaterali?

Il libro di Robert Whitaker (cliccare qui) dal significativo titolo ”Lo straordinario aumento delle disabilita psichiatriche nell'epoca del boom degli psicofarmaci”, ci comunica il senso di urgenza di una seria riflessione sull'argomento.

Il trattamento farmacologico continuativo può dare origine a processi che vanno nella direzione opposta a quelli indotti inizialmente.

L’efficacia degli psicofarmaci nel lungo periodo:

Sono stati monitorati due gruppi, uno trattato in modo continuativo, l’altro in modo discontinuo con psicofarmaci: a distanza di due anni il gruppo trattato continuativamente presentava meno ricadute. Purtroppo a sette anni il vantaggio è azzerato per le ricadute ed addirittura ribaltato per quanto riguarda il funzionamento sociale.

Quindi vediamo che è necessario un ripensamento profondo sulla terapia antipsicotica, in particolare agli esordi della malattia psichiatrica.

Cito Tobino :

...se poi, nei due piatti della bilancia, poste le ragioni del pro e quelle del contro, l’ago segnasse a favore degli psicofarmaci, che si deve somministrarli, giusto imbavagliare la follia, meglio una creatura intontita che in balia del furore, meglio uno sconsolato sorriso che la determinatezza a gettarsi nella morte, allora che siano dati sotto controllo, non se ne ecceda mai per noncuranza e abusi.

La voce di un altro psichiatra, Jervis:

Gli psicofarmaci, in giuste dosi sono indispensabili, ma al di sopra di una certa soglia rischiano di produrre più danni che benefici, però, purtroppo, è inevitabile che a questa soglia talora ci si avvicini. Più di un paziente mi disse: queste medicine sono una cosa orribile, mi impediscono di pensare. Così eravamo consapevoli del fatto che, in certi casi, la camicia di forza farmacologia non fosse migliore di quella tradizionale e sapevamo bene che la libertà di movimento dei pazienti ha i suoi limiti e va gestita con attenzione e buon senso perché ne possono nascere incidenti seri, in primo luogo i suicidi.”

Quindi i gli psicofarmaci vanno dati sotto controllo, così da verificarne gli effetti positivi e avversi.

Ci vogliono settimane perché si raggiungano dei risultati: in queste settimane i pazienti dovrebbero essere ricoverati. 

Però la legge dice: ricoveri brevi! mandare a casa! mandare sul territorio! Ben sappiamo le disastrose conseguenze di degenze nei reparti di diagnosi e cura troppo brevi per essere terapeuticamente utili. Infatti noi famigliari sappiamo di cosa si parla quando i nostri malati vengono mandati a casa, magari con terapie multiple di 3 4 farmaci insieme.

Spesso poi i malati non vogliono assumerli, perché? I motivi possono essere la mancata consapevolezza della malattia o gli effetti collaterali pesanti.

In ogni caso il risultato è un disastro: farmaci importanti assunti in modo discontinuo.

La libertà di scelta: il consenso.

Come distinguere tra una preferenza che deve essere accettata e una decisione irrazionale e dannosa che deve essere ignorata?

Certo ci vuole meno tempo ad accettare il rifiuto alle cure che cercare di convincere il malato di ciò che è bene fare.

E’ più facile documentare il rifiuto delle cure che assicurarsi che le cure vengano date.

Ogni atto medico è in equilibrio tra il rispetto dell’autodeterminazione e il bisogno, vale a dire il diritto di non essere abbandonato a se stesso nel momento di difficoltà.

Il rispetto dell’autodeterminazione spesso è il modo ambiguo con cui si elude la responsabilità di fare delle scelte e, di fatto, si pratica l’abbandono.

Da 34 anni passo molte ore, giorni e notti in ospedale, inoltre ho trascorso molto tempo con Giulia in SPDC: vi dico che non c’è paziente più libero di quello psichiatrico. 

Sono liberi anche quando scelgono a loro danno di interrompere le cure, il ricovero! 

Sono  liberi, ma non dalla malattia e dalle dipendenze! 

Sono liberi anche di suicidarsi!

In conclusione non vogliamo più sentire ripetere che “ abbiamo una legge meravigliosa, che i disturbi mentali sono affrontati sul territorio, che con la reale intersettorialità della Salute Mentale nelle politiche dell’istruzione, del lavoro, della casa, dell’inclusione comunitaria l’Italia ha dato corpo e sostanza ai principi della cittadinanza.”

Questa è retorica, senza sostanza.

Vogliamo progetti di cura e valutazione dei risultati, studi e ricerca scientifica sulla malattia e sugli psicofarmaci.

Vogliamo che vengano messi in atto progetti per la riduzione della mortalità e, in particolare, dei suicidi.

In questa ottica, nel nostro territorio vogliamo l’apertura di un Pronto Soccorso Psichiatrico.

Con attuale organizzazione il paziente psichiatrico accede all’Area Medica del Pronto Soccorso, anche quando conosciuto per precedenti ricoveri in SPDC. Di conseguenza deve aspettare la visita dell’internista che poi potrà chiamare lo psichiatra di turno. A causa dell’abituale importante afflusso di utenti e, non essendo in pericolo di vita, il paziente psichiatrico deve attendere il suo turno per molte ore, insieme ai parenti. 

Questi pazienti in crisi non sono in grado di fronteggiare l’ansia e l’angoscia, non riescono a stare tranquilli: proprio per questo motivo sono venuti in Pronto Soccorso!

Accade, a volte, che, liberi, dopo un'estenuante attesa, lascino la sala di attesa, senza aver avuto un minimo di  aiuto.

Oltre alla apertura di un pronto soccorso psichiatrico, chiediamo che, nel comune di Lissone, venga riaperto l'ambulatorio psichiatrico, così da consentire ai pazienti una vita più tollerabile, contenendo nel contempo, i motivi di accesso al pronto soccorso.