Testo della lettera inviata dalla Dott. Francesca Mannucci a Il Foglio

19 Ottobre 2017

Egregio Direttore,

Scrivo per sapere se Il Foglio è interessato a proporre una discussione sul difficile argomento dell'assistenza psichiatrica in Italia.

Mi chiamo Francesca Mannucci e sono presidente di un'Associazione di Promozione Sociale che opera sul territorio di Monza e Brianza che cerca, da una parte, di aiutare le famiglie che affrontano il problema della malattia mentale e, dall'altra, di stimolare le istituzioni per migliorare la situazione.

Ma la prassi discende da una Teoria,

è dunque necessario un ripensamento delle basi teoriche che hanno portato all'attuale situazione e su quelli che sono i presupposti della legge di assistenza psichiatrica, la legge 180 del 1978, chiamata comunemente Legge Basaglia.

Ho letto di recente su Repubblica che la senatrice Dirindin di MDP e il senatore Luigi Manconi del PD hanno presentato un disegno di legge per rilanciare la Legge Basaglia.

Dichiara la senatrice Dirindin:"le armi scientifiche e legislative, le stesse fornite dalla Legge Basaglia ci sono e sono in parte state sfruttate"

In realtà la suddetta Legge non ha nulla di scientifico, tant’è che lo stesso Basaglia così affermava:  "Tutto questo ci portò a una riflessione politica: gli internati appartenevano alle classi oppresse e l'Ospedale era un mezzo di controllo sociale "

"La psichiatria è fin dalla nascita una tecnica altamente repressiva, che lo Stato ha sempre usato per opprimere i malati poveri, cioè la classe lavoratrice che non produce "

"Tutti noi sapevamo che il manicomio, anche diretto in modo alternativo era sempre una forma di controllo sociale, perché la gestione non poteva che restare nelle mani del medico e la mano del medico è la mano del potere".

Il discorso sarebbe molto lungo, Basaglia è diventato un simbolo di liberazione senza tuttavia nessun rapporto con la realtà.

I reparti ospedalieri psichiatrici S.P.D.C. hanno, quasi sempre, un numero di posti letto insufficiente per la popolazione di riferimento.

Non ci sono distinzioni, vengono ricoverati in modo promiscuo donne e uomini affetti da gravi problemi psichiatrici; giovani appena maggiorenni si ritrovano con persone anziane affette da disturbi comportamentali; donne con depressione post partum convivono con tossicodipendenti, alcolisti e detenuti provenienti da vari istituti di pena.

I ricoveri, per ridurre i costi di degenza,  devono essere brevi anche se è risaputo che quando si inizia una terapia con psicofarmaci, la farmacologia insegna che ci vogliono settimane per raggiungere uno stato di equilibrio e quindi poterne valutare i risultati e gli effetti collaterali. Nonostante queste prescrizioni i pazienti vengono dimessi precocemente, e rimandati alle loro famiglie senza nessuna sicurezza che sia stata raggiunta un minimo di stabilità psicopatologica.

C'è poi l'enorme problema dei pazienti più gravi, non consapevoli della loro malattia e non accettanti le cure.

Vengono di fatto abbandonati, salvo qualche sporadico TSO, che non risolve il problema ma solo l'acuzie.

Le strutture preposte alla cura sono deresponsabilizzate, il paziente è sempre libero di scegliere, anche quando incapace per la malattia.

Libero anche di suicidarsi.

Vogliamo ricordare gli innumerevoli suicidi che si verificarono dopo la promulgazione di questa legge che " tutto il mondo ci invidia "

Non se ne parla mai ad eccezione degli psichiatri Dott. Mario Tobino, Dott. Alberto Italo e Dott. Glauco Carloni,

Vorremmo che, lasciando l'ideologia, vengano raccolti dati, ci sia una misura dei risultati della nostra assistenza psichiatrica.

Le Associazioni di difesa dei pazienti psichiatrici si battono, inutilmente, da anni per una riforma della legge.

Spero che siate interessati perché non ci sia una sola voce, passa il tempo e non ci si ricorda più di tanti che hanno dedicato la vita per il loro pazienti.

Concludo con con due citazioni, l’una di Mario Tobino "...se poi, nei due piatti della bilancia, poste le ragioni del pro e quelle del contro, l'ago segnasse a favore degli psicofarmaci, che si deve somministrare, giusto imbavagliare la follia, meglio una creatura intontita che in balia del furore, meglio uno sconsolato sorriso che la determinatezza a gettarsi nella morte, allora che siano dati sotto controllo, non se ne ecceda mai per noncuranza e abusi. "; l’altra di Giovanni Jervis "Gli psicofarmaci, in giuste dosi sono indispensabili, ma al di sopra di una certa soglia rischiano di produrre più danni che benefici, però, purtroppo, è inevitabile che a questa soglia talora ci si avvicini.

Più di un paziente mi disse: queste medicine sono una cosa orribile, mi impediscono di pensare. Così eravamo consapevoli del fatto che, in certi casi, la camicia di forza chimica non fosse migliore di quella tradizionale e sapevamo bene che la libertà di movimento dei pazienti ha i suoi limiti e va gestita con attenzione e buon senso perché ne possono nascere incidenti seri, in primo luogo i suicidi".

Certa che l’argomento possa essere di interesse per il Suo giornale, resto in attesa di una risposta in merito.

Distinti saluti.

Dott.ssa Francesca Mannucci

Presidente A.p.S. “Giulia e Matteo” per la tutela dei malati psichiatrici e delle loro famiglie