30 Marzo 2018

LE DEMENZE: DALLA BIOLOGIA AGLI INTERVENTI PSICOSOCIALI


Appunti relativi al corso 

a cura della Dott.ssa Maria Lucia Carati

Il giorno 30 marzo e’ stato organizzato da Aral Onlus insieme all'Ordine dei Medici Chirurghi di Monza, un convegno dal titolo “LE DEMENZE: DALLA BIOLOGIA AGLI INTERVENTI PSCIOSOCIALI”. Queste condizioni sono un complesso gruppo di malattie che necessitano di un approccio multidisciplinare. Queste situazioni patologiche  presentano  analogie con i disturbi psichiatrici sia per le cause che per gli approcci terapeutici. In entrambe le patologie infatti le cause sono multifattoriali e di conseguenza anche i trattamenti devono prevedere interventi di diversa natura.

I relatori hanno affrontato l’argomento sotto diversi aspetti.

La drssa Re, ricercatore presso l’Universita’ Milano Bicocca ha esposto le attuali potenzialità della nanomedicina. La nanomedicina è la applicazione di nanotecnologie alla salute umana. E’ stato dimostrato negli animali che l’aggregazione e l’accumulo di alcune particolari proteine e peptidi (proteina tau e sostanza amiloide) sono caratteristiche in alcune forme di malattia di Alzheimer e che la loro presenza all’interno dei neuroni cerebrali è correlata al deterioramento delle funzioni cerebrali. Si  utilizzano nanoparticelle (un nanometro equivale a 10 -9 m),in genere liposomi che sono in grado di raggiungere il SNC per scopi sia diagnostici (utilizzo in RNM, PET, Tecniche di imaging) che terapeutici. I liposomi infatti sono in grado di superare la barriera ematoencefalica, legarsi al peptide amiloide e rallentarne l’aggregazione. Questa aggregazione porta alla formazione di placche responsabili del deterioramento dei neuroni e della loro capacita di collegamento. Purtroppo la quantità  di sostanza che viene veicolata all’interno del SNC è al max l’ 1% di quella introdotta. I trattamenti farmacologi nel modello animale sembrano essere tanto più efficaci nel rallentamento del decadimento cognitivo quanto più precocemente viene iniziata la terapia.  La nanorobotica dovrebbe aprire prospettive per riconoscere e “aggiustare” in maniera mirata le cellule malate. Al momento attuale la stessa Università Bicocca collabora a diversi studi europei che sembrano aprire nuove possibilità terapeutiche.

Il dr Dominici, ricercatore e medico presidente della RSA Agostoni, ha sottolineato come il quadro delle demenze sia particolarmente complesso: alterazioni genetiche sono responsabili di queste patologie solo in 1-2% dei casi, in altri casi sono presenti alterazioni biochimiche cellulari, in altri casi risulta alterata la produzione dei neurotrasmettitori (dopamina). La produzione di particolari proteine ed il loro accumulo provoca alterazioni delle sinapsi neuronali e la perdita delle sinapsi stesse. E’ dimostrato che la dieta mediterranea, ed in particolare l’uso dell’olio di oliva, ha un effetto protettivo sul declino cognitivo. Non vi sono invece evidenze che l’utilizzo di preparati multivitaminici o la sola integrazione con vitamina B12 e Folati possa in qualche modo migliorare lo stato cognitivo dei pazienti.

Poichè è dimostrato anche istologicamente che le alterazioni delle neurofibrille sono una caratteristica della malattia di Alzheimer e che la conseguenza è la perdita delle sinapsi, si sono cercate terapie per stimolare la produzione di sinapsi. Attualmente sono disponibili delle terapie (Medical Food) che sono una combinazione di nutrienti (acidi grassi omega 3, uridina, fosfatidilcolina, antiossidanti, gruppo vitamico B) la cui somministrazione per almeno 24 mesi ha dimostrato un miglioramento delle capacità cognitive ed un incremento del volume cerebrale. I risultati sono stati testati in maniera standardizzata e sembrano essere particolarmente buoni quando la terapia viene somministrata nelle fasi prodromiche della malattia di Alzheimer .

Il dr Nigro ha introdotto l’argomento della musicoterapia. Nella vita intrauterina la prima esperienza che si verifica è quella sonora, e addirittura precede lo sviluppo delle capacità uditive. La vibrazione sonora è una esperienza primaria dove il suono diventa relazione con l’altra persona. In molte situazioni patologiche, come la malattia di Alzheimer, il paziente si isola anche per alterazioni del linguaggio: la musica e il suono consentono di mantenere una relazione emotivamente significativa. Anche in situazioni patologiche analoghe la musica  permette di mantenere un contatto con il paziente e di utilizzare le sue capacità personali.

Il dr Genna ha illustrato le attività di danza e movimento terapia dedicate a pazienti con Alzheimer. Secondo una citazione del prof Winnicott, importante pschiatra, Nessun essere umano è libero dalla tensione di mettere in rapporto la realtà interna con la realtà esterna, e il sollievo da questa tensione è provveduto da un’area intermedia di esperienza che non viene mai messa in dubbio (arte, religione ecc)

 L’utilizzo dell’arte in tutte le sue forme può rientrare in un programma terapeutico non farmacologico. A seconda dell’ambito in cui ci si pone è possibile curare una serie di disturbi sia personali che di comportamento sociale. E’ fondamentale ricordare come la principale forma di comunicazione sia quella non verbale: è quindi importante stimolare questi pazienti con movimenti spontanei o guidati che permettono comunque un miglioramento della situazione psichica del paziente.

La drssa Mundo ha illustrato il concetto di arte-terapia. Le sensazioni, i pensieri e le immagini del paziente prendono forma nel lavoro artistico. E’ il paziente stesso ad essere una risorsa, perché con la sua attività migliora la qualità delle relazioni. Sono stati istituiti dei progetti che prevedono il coinvolgimento attivo dei familiari di malati di Alzheimer: i risultati sono positivi non solo per i pazienti ma hanno migliorato la qualità di vita dei loro familiari