Introduzione


I disturbi mentali si possono definire uno stato morboso caratterizzato da sofferenza soggettiva e da alterazioni del comportamento tali da modificare le capacità cognitive e relazionali del soggetto colpito. Questi disturbi colpiscono la popolazione in modo molto più ampio di quanto solitamente si creda. Le manifestazioni della patologia sono molto varie e i disturbi gravi ne rappresentano una percentuale modesta: peraltro si stima che solo in Italia circa un milione di persone siano affette da psicosi maggiori. I disturbi mentali creano sofferenze importanti, temute e perciò “negate” sia dal malato, per vergogna e paura dell’emarginazione sociale, sia dal “sano”, per un inconfessato bisogno di rimozione. Per chi non è mai stato coinvolto, è assai difficile immaginare cosa avvenga in una famiglia al primo insorgere di un disturbo psichico in un congiunto e come sia possibile farvi fronte: di fronte alla sofferenza, per lo più inespressa, della persona si è disperatamente impotenti. Inoltre, sovente capita che gli stessi famigliari, soprattutto agli esordi del problema, non mettano neppure in conto che si possa trattare di un disturbo psichico, rischiando così la sua sottovalutazione. Disinformazione, angoscia, sensi di vergogna e colpa, paura per quanto può succedere al malato e ai suoi congiunti, paura di eventuali crisi e delle loro conseguenze. Tutto ciò causa un pesantissimo senso di disagio e solitudine che induce la famiglia a chiudersi in sé stessa. La conseguenza è la creazione di un ambiente ad “elevata temperatura emotiva” assolutamente negativo per il malato. Mentre il continuo coinvolgimento pratico ed emozionale condiziona pesantemente il clima all’interno della famiglia.  Nelle situazioni più impegnative, infatti, la sofferta convivenza, il timore per l’aggravarsi del malato, l’assistere all’avanzare della malattia e alla perdita progressiva delle capacità cognitive e relazionali del paziente costituiscono uno stress continuativo tale da compromettere ed annullare le possibilità reattive della famiglia stessa. Inoltre, il malato è sovente ossessionato da rabbie, paure, allucinazioni, fantasmi e finisce per annullarsi o per essere irrimediabilmente colpito da un’apatia totale che lo porta a rifiutare anche le più elementari norme igieniche ed alimentari. Un primo passo per trovare qualche concreta risposta agli interrogativi e un’indicazione costruttiva su “cosa” e “come” fare è l’avvicinarsi ad un’Associazione di Famigliari. Le Associazioni, infatti, sono composte in prevalenza da persone che condividono lo stesso problema e sono quindi in grado di sostenere ed aiutare la famiglia in difficoltà, offrendo non solo comprensione e solidarietà, ma fornendo anche un aiuto concreto, informando sia sulle possibili soluzioni disponibili sul territorio sia sulle leggi vigenti in tema di salute mentale e sui relativi diritti e doveri. Far parte di un’Associazione diventa la grande opportunità “per non essere soli” e per non cadere sotto il peso di una responsabilità impossibile da sopportare individualmente: il parlare, il confrontarsi, l’esprimere liberamente le proprie angosce senza provare vergogna, danno la forza di sconfiggere ingiustificati sensi di colpa e di reagire.

Il dolore, quando ha cause così profonde e assolute, non si può eliminare, ma si può lenire.

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