16. Misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia 

Introduzione

Talvolta è necessario tutelare il malato e la famiglia contro decisioni sconsiderate del malato stesso, oppure è necessario sventare imbrogli di persone in malafede che approfittano del suo stato mentale.

In tali casi, dopo una ponderata valutazione è necessario ricorrere a una della tre forme di tutela previste dalla legge: inabilitazione, interdizione, amministratore di sostegno.

La legge 9 gennaio 2004 n. 6, introduce nel codice civile alcuni articoli relativi all’istituzione dell’amministratore di sostegno e ne modifica altri relativi all’interdizione e all’inabilitazione.

La finalità di questa legge è di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.


16.1 - Inabilitazione

L’inabilitazione priva la persona della capacità di compiere atti importanti, come la compravendita di beni senza autorizzazione del tutore, ma non le impedisce di compiere atti di ordinaria amministrazione e di sposarsi. Le persone inabilitate sono affiancate da un curatore, che le assiste per riscuotere capitali e stare in giudizio (in caso contrario gli atti sono annullabili).

Per gli atti di straordinaria amministrazione occorre l’autorizzazione del Giudice Tutelare e in certi casi del Tribunale.

Tale misura viene adottata abitualmente per gli ammalati che sono sconsideratamente prodighi.

 

16.2 - Interdizione

L’interdizione priva la persona della capacità di agire. Essa agisce attraverso un tutore, che la sostituisce nel compimento degli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione (l’interdetto non può compiere atti con contenuto patrimoniale e quindi non può vendere o acquistare beni, sposarsi, fare testamento). Il tutore nominato gestisce i beni dell’ammalato dandone rendiconto annuale al Giudice Tutelare.

Il Giudice è comunque responsabile o garante di tutte le principali decisioni riguardanti la vita dell’interdetto e in particolare di tutte le operazioni patrimoniali che non sono di ordinaria amministrazione.

 

16.3 - L’amministratore di sostegno

La legge 9 gennaio 2004 n. 6, stabilisce che:

“il ricorso per l’istituzione dell’amministratore di sostegno può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell’art. 417” e cioè dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal Pubblico Ministero.

se il ricorso concerne persona interdetta o inabilitata il medesimo è presentato congiuntamente all’istanza di revoca dell’interdizione o dell’inabilitazione davanti al giudice competente per quest’ultima”;

i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso ……” dunque, il servizio sanitario è obbligato ad intervenire e se non segnala la situazione di un utente “a rischio” compie un’omissione d’ufficio; perciò, in caso di danni morali e/o materiali al soggetto in difficoltà, è perseguibile civilmente e penalmente.

L’amministrazione di sostegno non rappresenta né la privazione né la limitazione della capacità di agire, è uno strumento molto più flessibile rispetto alla tutela e alla curatela.

Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno deve contenere l’indicazione:

  • della durata dell’incarico;
  • dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario;
  • degli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno. Da ciò si desume che i compiti e gli ambiti d’intervento dell’amministratore di sostegno sono molto specifici, di conseguenza tutti gli atti che non vengono indicati nel decreto di nomina possono essere compiuti in piena autonomia dall’amministrato.

Sia l’interdizione, che l’inabilitazione che la nomina dell’amministratore di sostegno sono atti reversibili. Gli atti compiuti dall’interdetto, dall’inabilitato e dall’amministrato in violazione di quanto disposto dalla legge e dal decreto di nomina possono essere annullati (ved. art. 428).

Per tutti questi atti, che sono di competenza del tribunale, è necessario rivolgersi ad un avvocato esperto nel diritto di famiglia.

 

16.4 – Incapacità naturale

Anche quando non c’è una sentenza di inabilitazione o interdizione, il codice civile prevede una forma generale di tutela di chi è incapace di amministrarsi.

Gli atti di una persona “incapace di intendere o di volere” (al momento della stipulazione dell’atto) possono essere annullati su richiesta della persona stessa o di eredi o aventi causa, se risulta un grave danno (e quindi la malafede dell’altro contraente). Occorre intentare causa e si può farlo entro cinque anni dall’atto.

Rimane la necessità di un’azione legale e di dover provare che c’è stato danno e malafede. In caso contrario l’atto rimane pienamente valido.


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