Slides dell'intervento della Dott.ssa Mariagrazia La Rosa
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Riportiamo qui di seguito alcuni brani, tratti da M.A.D. e M.A.C, letti durante l'incontro.

BRANO 1.
Arianna
4 giugno
Io sono Arianna, ormai 23 anni di matrimonio, lavoro in ospedale.
Nel 1997 è arrivata la mia bimba ora ventunenne (aveva tre anni) e nel 2002 il mio ragazzino ora diciannovenne e allora di otto anni. Sono stati anni molto duri di lotte e incomprensioni… non so se ne sto uscendo o ci sono ancora dentro... i conti si fanno alla fine. Ho trovato in voi un sostegno e delle cose in comune...
Problemi? Tanti con il maschio, ho vissuto e in parte vivo anni in apnea, non ho trovato aiuti nei servizi e spesso neanche negli psico privati. Si galleggia a pelo d’acqua e mi irritano certi atteggiamenti di chi pensa (ma forse è un problema mio) che sia tutto un problema di saper mettere o meno paletti e regole ai nostri figli; molti si compiacciono delle proprie maternità riuscite pensando che sia tutta questione di essere 'bravi genitori'.
Non è che non si possa essere felici, anche la mia prima adozione è stata semplice e serena ma non è possibile che di fronte a problematiche dovute non certo a mancanza di carattere di noi genitori, bensì a disturbi comportamentali e danni pregressi dei nostri figli, uno faccia passare l’idea che basta essere severi e decisi. Vorrei regalargli una giornata con un figlio oppositivo e super agitato che non si da’ pace e che provoca senza sosta!

BRANO 2
Francesca
5 novembre 2015
Basta ! Ora non ce la faccio più, ieri il marito che manda tutto per aria (letteralmente) e se ne va, oggi mio figlio che si rifiuta di avere un confronto prima dei colloqui generali a scuola e poi che si rifiuta, dopo che l’appuntamento è stato preso, di andare dalla grafologa... e no io a questi ricatti non ci sto... ora gli tolgo tutto per me se ne può anche andare... dice che ha studiato ma arrivano le insufficienze, lo difendo di fronte al padre e lui mi tradisce... non è giusto essere tenuta in scacco così... Scusate lo sfogo ma non ce la faccio più oggi... NON SOPPORTO LA SLEALTÀ.
E sì, sono grandi abbastanza da prendersi la piena responsabilità e conseguenze delle loro azioni e decisioni . Pertanto chi se ne frega di loro Monica e davvero devo riuscirci a non farmi coinvolgere... Hanno il potere di mandarci fuori di testa... e in questi momenti mi è difficile pensare che siano fragili dentro, è solo il nostro sentimentalismo di mamme italiane che hanno il buonismo nel DNA... Loro invece sono freddi, calcolatori, tu speri e ogni volta perdoni e ricominci e poi ti arriva la pugnalata e ti rendi conto di quanto sono freddi e senza sentimenti, perfetti calcolatori che cavalcano la loro personale storia per ottenerne un profitto, padroneggiando ogni situazione per conquistare il dominio della tua esistenza e domani quando saremo vecchi darci il ben servito. Non è fantasia questa, davvero mio figlio è di ghiaccio e in questo momento ho aperto gli occhi e non mi faccio più fregare. E se me lo dimentico datemi un pizzicotto per farmelo ricordare.

BRANO 3.
Storia di Valentina
4 giugno
E ora vi racconto del mio piccoletto
Dimitri è arrivato a nove anni e mezzo dall'Ucraina, adesso sta per compierne 17. Lo adoro, così come Edoardo, figlio “fatto in casa”, che ha 26 anni.
Dimitri è in custodia cautelare in una comunità non vicinissima a casa, dal 19 febbraio, per tentata estorsione e aggressione nei miei confronti. E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso dopo due anni di comportamenti rischiosi e violenti: niente scuola, notti fuori casa, furti in casa e fuori, droga, vandalismo... scatti di rabbia... vetri e specchi rotti, armadio distrutto, porte abbattute, ... e richieste continue di denaro. Non mi ha mai fatto veramente male, ma (con il cuore a pezzi) ho dovuto denunciare questi comportamenti e sono contenta di averlo fatto. Eravamo già seguiti dai servizi sociali da due anni, senza miglioramenti, e il giudice ha deciso di convalidare il fermo in comunità...
Mi considero fortunata, perché dopo "il fattaccio" Dimitri sembra rinsavito, è di nuovo dolce e affettuoso come non era più stato da almeno due anni (minacce, insulti, bestemmie... mai però mi ha detto "non sei mia mamma"); ad ogni incontro ci copre di baci e ci fa sentire il suo amore e il suo desiderio di tornare e di cambiare. E, cosa meravigliosa, Edoardo si è finalmente messo in gioco e sta provando ad accettare il fratello (non gli aveva mai parlato, e questo per me e’ sempre stata una spina nel cuore).
Il processo sara' il primo luglio, si profila una sentenza di "messa alla prova", un periodo di circa un anno che sara' probabilmente in parte in comunità e poi gradualmente a casa.
Lo vediamo un'ora ogni due settimane, e nell'ultimo incontro sabato si è lasciato andare e ci ha raccontato alcune sue "bravate" degli ultimi anni (piccoli furti, piccolo spaccio, ...) che francamente mi hanno spaventato un po'... so che gli piace spararle grosse, quindi ai suoi racconti bisogna fare la tara... ma ugualmente sono terrorizzata per quando tornerà a casa.
Non so che cosa augurarmi per il processo, lo vorrei a casa subito ma da una parte spero che rimanga in comunità ancora per un bel po'!!
Manuela Grazie per averci raccontato, Valentina! Io ho provato l'esperienza della comunità con mio figlio bio ed è stato SALVATO (lui ed io insieme a lui)! Per questo sono convinta che delle comunità non bisogna avere paura. Che di paura ne abbiamo già avuta abbastanza prima...... E paura ci sarà dopo, al rientro a casa. La mia è durata un altro anno circa. Finché sono stata sicura di aver riportato a casa un figlio finalmente "sano" ed al quale poter dare di nuovo fiducia.

Valentina Grazie Manuela del tuo racconto che mi dà coraggio. Spero di poter dire le stesse cose tra un anno!! Aspetto il giorno in cui potrò ridargli le chiavi di casa...

BRANO 4
Valentina
3 ottobre 2015
Siamo di ritorno dalla visita in comunità, come era bello! Bello di mamma Non vediamo l’ora che cominci questa “Messa alla prova” il 29 ottobre... o il 10 novembre?... allora finalmente potremo vederci a casa

Alessandra Manca poco Valentina. In che cosa consisterà la “Messa alla prova”? Valentina Si tratta di un programma alternativo alla condanna, applicabile soprattutto per i minorenni: il collegio dei giudici sospende il processo e, su proposta dei servizi sociali, definisce un programma di attività, supporto e controlli. Per Dimitri il programma dovrebbe comprendere la frequenza a scuola, sport, controlli tossicologici, supporto psicologico e attività di volontariato; il collegio dei giudici in udienza ne stabilisce anche la durata (per i reati che lui ha commesso potrebbe variare tra uno e due anni). Ci sono udienze di verifica intermedie con il giudice onorario, con relazioni della comunità per controllare che il programma stia procedendo bene. Nell’udienza finale il collegio decide se la “Messa alla prova” è stata superata; se sì il reato viene estinto, e non comparirà sulla fedina penale; se no ci sarà un processo e una possibile condanna. Per il momento Dimitri si trova in custodia cautelare in attesa di giudizio, quindi con molte limitazioni alla libertà personale: deve restare in comunità, può muoversi solo se accompagnato, con la sola eccezione del tragitto per andare e tornare da scuola. Quando incomincerà la “Messa alla prova” avrà qualche libertà in più, e se il programma andrà bene potranno gradualmente incominciare i rientri a casa.
Viola Vi auguro che tanta fatica sia ripagata!
Valentina Lui ha di nuovo gli occhi buoni di quando lo abbiamo conosciuto

BRANO 5
Storia di Alessandra
2 agosto 2015
“Due figli uno biologico di 21 anni ed uno adottivo Matteo che tra pochi giorni compirà 15 anni. Nato in Ucraina e adottato all’età di 6 anni e mezzo, un terremoto che ci ha travolto. Ha accettato di farsi adottare solo per quello che sarebbe diventato suo fratello. Difficoltà a stare alle regole sin da subito, il mese dopo ha iniziato la scuola elementare, consigliati perchè già un bimbo grande fisicamente e molto in gamba, curioso e intelligente. Tutte le elementari il comportamento è stato sempre al limite in classe, mentre a casa cercava, anche se con difficoltà di seguirci. E poi le medie, la preadolescenza/adolescenza che ha amplificato tutti i suoi problemi, in contemporanea abbiamo chiesto aiuto ai servizi sociali ed inizialmente ha seguito la neuropsichiatra infantile ma poi con la psicologa è stato oppositivo. Con noi, io e suo padre, non suo fratello perchè aveva paura di prenderle, ha iniziato a picchiare, poi ha incominciato a cercare di fare quello che lui riteneva giusto, per cui a saltare la scuola, iniziare a fumare, farsi le prime canne e, un paio di volte, ubriacarsi, la sera rientrava anche se ha tentato anche di stare fuori la notte. Io ero riuscita a intessere una rete tra oratorio, scuola, sport, servizi sociali che lo potesse aiutare dato che vedevo che si rovinava da solo o aiutato dai cosiddetti amici. Per fortuna ad un certo punto ha smesso di picchiarci, ma è passato alle minacce verbali e ai ricatti specie per la scuola. La scuola ci è stata accanto ed anche senza certificazione ha considerato Matteo un ragazzino B.E.S. Più volte gli hanno dato un ultimatum i servizi sociali, ma lui diritto per la propria strada, poi con sprazzi di “scusa non lo farò più mi impegnerò etc.”, ma di nuovo tornava a continuare a virare. Arrivato poi davanti al giudice del T.d.m arrabbiato con noi ha dichiarato di voler andare in comunità e così è successo per cui sono 6 mesi che è lì. La scuola gli ha dato la possibilità di fare l’esame da privatista, chiaramente abbassando l’asticella dei risultati. È tornato a casa e per fortuna è riuscito a portare a termine l’impresa, anche se ha continuato a fare la vita di prima... ma era importante il risultato per il suo futuro. Tanto la scuola non gli piace per cui è stato meglio che l’abbia presa questa licenza media. Ed ora ha cambiato sede della comunità perchè la scuola che voleva fare non c’era, sì lunedì inizierà lì la sua prima superiore (...vedremo), ma intanto ha conquistato una piccola autonomia vedi andare a scuola in pullman o fare qualche uscita da solo. Sin dall’inizio ha avuto bisogno di noi telefonandoci o richiedendo le nostre visite. Poi qualche giorno fa è scoppiato, vuole tornare a casa, promette di fare il bravo e vuole parlare con la giudice dicendole che starà alle regole. Da parte nostra quella che è andata in crisi sono io, però so che il percorso sarà lungo, non l’ho mai chiesto ma immagino, mi manca tanto, ma sto “lavorando” con loro per far sì che possa crescere e parallelamente stiamo facendo anche noi un percorso.”

Alessandra
8 ottobre 2015

Una domanda che vi rivolgo: Quando avete capito che la comunità è quella giusta per vostro figlio? Per ora io sono ancora perplessa, non vedo ancora cambiamenti e sono passati 7 mesi... mi sbaglierò ?

Valentina Alessandra io l’ho visto reagire bene da subito. Avevo molta paura che facesse qualche sciocchezza, tentativo di fuga o peggio, invece il piccoletto si è adeguato bene da subito ai ritmi e alle richieste della comunità. Direi che c’è stata una combinazione di fattori favorevoli: prima di tutto il famoso “effetto botta in testa” dei tre giorni passati al carcere minorile... lui era completamente “stonato” e spaventato, con la coda tra le gambe... ogni spavalderia era andata a farsi benedire, quindi ha accettato le regole con molta remissività. Però di sicuro in comunità sono molto bravi, gli hanno fatto fare un gran lavoro su se stesso. Si tratta di una comunità educativa (non c’è personale medico) e la maggior parte dei ragazzi ha procedimenti penali in corso. La comunità è piccola, al massimo ci sono 9 ragazzi con 6-7 educatori, quindi i ragazzi sono molto seguiti. Ognuno ha un programma individuale. La comunità è stata fondata da un avvocato (che è tuttora il responsabile) insieme ad un padre salesiano, quindi trasmettono valori forti di impegno e sono molto esperti e autonomi nel seguire le complicazioni burocratiche e giudiziarie... insomma, molte belle qualità. Di contro, fanno un po’ il bello e il cattivo tempo decidendo per i ragazzi (ad esempio... la scuola...) quasi senza consultare i genitori... Il nostro fanciullo è lì per un provvedimento giudiziario, quindi il nostro parere conta poco, comunque diciamo che siamo stati fortunati... e ci fidiamo
Manuela Dopo 3 mesi di clinica, si è resa necessaria una comunità doppia diagnosi. Hanno lavorato bene, ma tanto lavoro c’è stato da fare anche al rientro a casa.
Alessandra Io ancora non l’ho capito. La nostra è una comunità educativa, anche noi al massimo 10 ragazzi, ma l’unico (è il più piccolo) che ha un programma come la scuola e lo sport è Matteo... a noi dissero che avrebbe dovuto essere inserito in una comunità terapeutica, ma i tempi erano biblici. Anch’io pensavo che sarebbe scappato invece anche quando è a casa non ha problemi a tornare, ma penso che in 7 mesi non ci sia stato un passo avanti (forse mi sbaglio), oltretutto è difficile parlarci perché difficilmente risponde e quando lo fa discutiamo sempre per le solite cose e lui riattacca. Forse sbaglio ad aspettarmi qualcosa ma... Matteo non sa nemmeno cosa sia impegno e motivazione, sarebbero loro che glielo dovrebbero inculcare nella testa... Ma per ora siamo lontani. Loro invece dicono che lui si comporta bene e fa gli errori che fanno tutti alla sua età. Forse sbaglio, ma mi aspettavo di più, molto di più se veramente come dice vuole tornare presto a casa. Ma quante volte lo mettevo in guardia quando gli dicevo «Poi i servizi sociali prenderanno delle decisioni che non ti piaceranno se non smetti di vivere una vita fuori dalle regole.» e lui prometteva mari e monti... che duravano pochi giorni

BRANO 6
Viola

14 luglio
“Ho 57 anni e mio marito 52, abbiamo due figli adottivi di 18 (arrivato a 5) e 10 (arrivato a 4) anni. … … Arrivammo a prendere nostro figlio in Etiopia, e oltre all’impatto di vederlo decisamente più grande di un cinquenne, notammo che non ci guardasse mai, questo accettabile, ma non si girasse al suo nome. Capii che era sordo. Non profondo, ma una sordità di tipo medio, come poi risultò essere. Non ci fu data nessuna informazione, nulla. Appena rientrati nessun aiuto, all’epoca le assistenti sociali chiesero a noi cosa fare, le psicologhe blateravano di avere pazienza. Cominciò la prima battaglia per far capire a tutti che fosse sordo. Non abbiamo mai avuto il tempo per elaborare questo dolore, è sempre stata una lotta per il sostegno, per far valere i suoi diritti, per cercare di reggere le sue urla in casa, sempre e sempre. Gli anni della scuola primaria sono stati un incubo dovuto all’ignoranza delle docenti… Portare le prime scarpine, primo bavaglino, parto naturale o cesareo? Cari genitori perchè lui sia uguale agli altri dovrà avere lo stesso carico di lavoro dei compagni, compreso un approfondimento sulla tratta degli schiavi e delle torture ai neri come lui.
Finalmente terminò l’incubo della scuola primaria e lui “rinacque” grazie a professori sensibili e capaci che lo aiutarono… Scuola media a cercar di recuperare le incolmabili lacune culturali. Uno spiraglio arriva dall’atletica, è bravino e ottiene gratificazioni finchè in seconda superiore si lesiona un legamento del ginocchio e non ha la forza psicologica per riprendersi…
Una profonda sofferenza, pluri traumi lo rendono sempre più insofferente a noi, ma perfettamente adeguato all’esterno. Arriviamo alle superiori, scelta sulla base delle migliori offerte di sostegno…
… s’impegna. Da noi ovviamente non vuole aiuto. Gli affianchiamo persone per le varie materie. Ce la fa. Diplomato. Tutto bene allora? Per niente. A casa in questi anni l’inferno. Abbiamo tentato con la tecnica Emdr che lavora sui traumi profondi. Zero. Ci hanno sconsigliato di continuare. Adesso è seguito in un ospedale di Torino. Ammette le scenate, le parolacce a noi, gli scontri fisici col padre che non si controlla più... Non assume i farmaci che gli hanno prescritto e come varca la soglia di casa entra in guerra. Non si lava, o solo quando gli pare, non mangia molto, ma nasconde avanzi di cibo che marciscono ovunque e la biancheria sporca sigillata nel suo armadio è intoccabile. Sono automatismi acquisiti nei primi anni di vita, ci dicono. Lo so, lo sappiamo. Ci insulta continuamente, ma non è mai abbastanza grave la situazione per un ricovero, per una comunità, per niente. Fa stage, ha fatto volontariato, è gentile con tutti, ma è rabbioso, aggressivo, ci minaccia. Lo amo e lo odio. Non vorrei vederlo più, vorrei consolarlo ma non si lascia toccare. È angosciante vivere con lui. È stato tre giorni al mare con gli amici e finalmente è entrato ossigeno a casa nostra. Io non ce la faccio più e mi sento dire che me la cavo benissimo. Ho ricominciato ad avere attacchi di panico, ma “devo resistere”. Io rivendico invece e penso con diritto, una qualità di vita accettabile. Questa non lo è.
Viola: “Grazie. All’inizio di tutta la Storia, quando lui aveva, come succede anche ora, dei momenti di calma e “apparente serenità”, mi pareva non fosse successo nulla, non a noi... perchè proprio a noi? Rifiutavo il pensiero dell’adozione difficile e aspettavo tutto rientrare in un quadro accettabile. Ho capito poi di necessitare, per sopravvivere, di altre persone come noi, come me. I suoi traumi tengono in ostaggio lui e noi. Le sue sfuriate e quelle conseguenti in un crescendo nostre, soprattutto di mio marito che regge meno, non sono la normalità e non voglio lo diventino, pur essendo costretta a subirle.”
Valentina: “Viola ben arrivata!! Se scorri un po’ trovi anche la mia storia, che assomiglia a tutte le altre, anzi riassume un po’ di tutto, dagli scoppi di rabbia alla distruzione di casa, alle aggressioni, all’uso di sostanze, niente scuola, furti in casa, notti in bianco, guai giudiziari... insomma “chi più ne ha”. Nonostante tutto sono ottimista, sarà che adesso “sono in vacanza”, il fanciullo è in comunità da febbraio e mi sembra (dico sembra) che stia migliorando… Siamo passati attraverso esposti, denunce, terapie di ogni genere (molto poco seguite)... speriamo che questa cura(la comunita’) funzioni (penso che durerà ancora un altro anno)! Preghiamo, e speriamo che ce la caviamo. :-) ”
Viola: “Grazie! Ieri ha fatto “finta“ di fare una doccia... dopo oltre un mese. Frequenta il corso di formazione lavoro post-diploma ed ha terminato tutti i percorsi psicoterapeutici... perchè non abbiamo trovato quello giusto… Puzza ed è arrogante con me e lo detesto. Amo la sua parte di bambino ferito nascosta così in profondità da non farsi “agganciare” e amo l’uomo che potrebbe diventare se solo volesse, se ne fosse capace. Non penso di vivere così a lungo da poterlo sapere. Mi addolora molto.”

BRANO 7
Viola
21 novembre 2015

Ieri ultimo incontro con la psichiatra dell’Ospedale Molinette di Torino, sezione specializzata in adolescenti difficili. È terminato il percorso. Lui è così e rimarrà così è non cambierà... abbandonate l’idea della comunità sarebbe devastante, dovrebbe fare una psicoterapia seria! Chissà cosa facciamo da 10 anni... abbiate pazienza e tenetelo visto che è maggiorenne... e i danni al fratellino? E a noi? Emmmhhh... non si può fare nulla. Ma cos’abbia... di preciso... non si sa... non “sembrerebbe” un paziente psichiatrico... ma allora cosa??? Non si sa. A una conclusione così ci sarebbe arrivato chiunque... Sono arrabbiata!
Nuovo incontro di un’ora e mezza con le assistenti sociali: vogliono una relazione dettagliata del suo disagio in casa e di cosa faccia; partirà, dopo consultazioni con tutto il mondo, una richiesta non di allontanamento ma di inserimento, non una comunità ma una casa famiglia. Difficilmente sarà autonomo in futuro, quindi dovrebbe essere un progetto a lunga scadenza... per la vita. Prima zero e adesso così? Lo convocheranno... alleluia, ma è un ragazzo con così tante problematiche e così complesso... nella sua disarmante e apparente calma… da necessitare di una “rete” che si renda conto dei problemi.
Sarà un percorso lungo... e solo dopo uno stage di formazione lavoro di almeno 4-6 mesi si capirà se regga le regole di un lavoro o “sbarelli “ anche lì... Durante questi mesi di formazione lavoro, che sta frequentando, sarà monitorato dal servizio di igiene mentale. L’hanno visto la settimana scorsa e lo rivedranno a febbraio... ci vorranno anni, ma troveranno il posto per lui, sempre esista e il giudice accetti... eventualmente un tutore... ma più avanti. Ma quale tutore? Noi chi siamo? Sarebbe più facile avesse commesso reati. Più facile? Io non so cosa pensare. Non è così grave da comunità, ma fuori di casa tutta la vita? Aiutatemi a capire. Sono stanca. Niente comunità terapeutica... dopo anni non abbiamo neppure un foglietto con una diagnosi. Nessuno l’ha mai fatta. Alla fine di tanti sorrisi e sguardi d’intesa tra le due… che non mi sono piaciuti, ho chiesto con calma quanto tempo occorresse per farmi ricoverare in una struttura. Con me farebbero prima. Altri sorrisi.

BRANO 8 
... così nasceva l’idea di dare voce a queste esperienze, per “sensibilizzare e aiutare” altri genitori e futuri genitori, per richiamare le istituzioni e richiedere gli aiuti necessari... e per tutti, perché si sappia che questi genitori non sono incapaci e inadeguati, ma forti e speciali e impegnati ogni giorno in una lotta senza risparmio per il futuro dei loro figli, anche quando questi sono temporaneamente lontani: lontano dagli occhi e a volte anche dal cuore. Un libro per questi stessi figli, perché un giorno possano ritrovare in queste pagine tutto l’amore e la tenacia con cui i genitori hanno combattuto per loro.
E chi avrà letto questo libro, incontrando una “Mamma Adottiva Disperata” (una di queste o una delle tante altre) la riconoscerà e non la giudicherà: saprà comprenderla con rispetto ed affetto, sosterrà la sua fatica con un abbraccio e nutrirà la sua speranza con un sorriso.

BRANO 9
Eppure… eppure queste mamme non si arrendono mai, non perdono la speranza, continuano a pensare di aver ricevuto un dono e cercano di meritarselo ogni giorno… cercando anche tutti i possibili aiuti dalle istituzioni, da operatori e specialisti, chi più e chi meno esperto. Già, perché non tutti gli specialisti hanno le competenze necessarie; e il rischio, con gli operatori che non hanno competenza specifica sull’adozione, è sempre quello di sbagliare obiettivo: di concentrarsi sui SINTOMI della crisi, ovvero sui comportamenti dei ragazzi e sulla relazione con i genitori adottivi, anziché sulle CAUSE, ovvero su quello che c’è stato PRIMA dell’adozione. La psicologia specializzata sta facendo molti progressi, ma molto c’è ancora da fare. E anche quando è necessario un allontanamento temporaneo dei ragazzi, molte strutture non sono adeguate per competenze e capacità progettuali… anche di questo le mamme ci raccontano attraverso le loro testimonianze dalle pagine del libro.
Quello che è certo è che, come già si diceva nel primo libro, queste mamme “non indietreggiano un solo millimetro nell’amore per i loro figli.” La stagione della disperazione e dello sgomento è passata, anche se lo sgomento a tratti ritorna. Alcune delle mamme di cui leggerete nel libro sono sostenute dai papà, altre no, a volte i papà sono addirittura ostili… e la fatica è ancora maggiore, la responsabilità più pesante, lo smarrimento più inquietante; ma la speranza non le abbandona mai: sono forti, tenaci e piene d’amore. Si sostengono, provano e ricominciano, si mettono in discussione e sanno chiedere aiuto, senza mai perdere la speranza di trovare per i loro figli l’uscita del tunnel. Perché sono Mamme Adottive Coraggiose.