Primo approccio ai disturbi psichiatrici
Quando un membro della famiglia palesa comportamenti “strani” è del tutto normale che i familiari cerchino di trovare delle spiegazioni logiche alla nuova situazione, allontanando -cioè esorcizzando- il pensiero che si possa trattare di un disturbo psichiatrico.
Se la persona
· cambia le proprie abitudini e si rinchiude in sé stessa (non frequentando più gli altri)
· rimane chiusa in casa (spesso con le tapparelle abbassate e rannicchiata sul letto/divano)
· trascura la propria igiene personale
· presenta modificazioni di peso importanti
· vede persone o animali che non ci sono
· sente voci che non ci sono
· teme di essere avvelenata
· alterna momenti di euforia a momenti di tristezza
· trascura il proprio figlio (soprattutto se neonato)
· presenta sé stessa come la protagonista di avvenimenti eroici e/o del tutto inverosimili
· ha crisi mistiche e si convince che Dio le comanda di compiere delle azioni
· ripete in continuazione più e più volte dei controlli (per esempio se una porta è stata chiusa)
· effettua movimenti ripetitivi
· distrugge, in preda all’ira, gli oggetti che la circondano ed è violenta con i propri familiari
siamo alla presenza di comportamenti sospetti.
Chiariamo bene che non si tratta di azzardare una diagnosi,
ma di non trascurare (declassandoli a stranezze) quelli che invece sono dei,
sia pur empirici, campanelli di allarme.
Se il congiunto presenta alcuni di questi comportamenti per prima cosa occorre rivolgersi al medico di base che dovrebbe valutare l’opportunità di interpellare uno psichiatra o uno psicologo di provata fiducia per cominciare a dipanare la matassa…. prima che si “ingarbugli” ulteriormente: associazioni come la nostra possono affiancare e consigliare i familiari fin dai primi passi ma, ovviamente, non possono sostituirsi al medico curante.
1. cercare di convincere, piano piano, il congiunto della necessità di un aiuto.
2. cercare, come parente, un colloquio con l’Associazione che, eventualmente, potrà fornire il necessario supporto psicologico.
In tutti i casi occorre mantenere, come punto di riferimento fisso, i nostri esperti.
Mantenere come punto di
riferimento fisso gli esperti dell’Associazione, non vuol dire fare una
chiacchierata e poi procedere senza seguire i suggerimenti ricevuti! Non deve
sembrare presuntuoso, ma i suggerimenti che vengono a mano a mano forniti non
sono pareri improvvisati, ma sono il frutto di anni ed anni di esperienza, di
decine di casi affrontati… e di molti errori commessi e corretti.
Talvolta i suggerimenti possono apparire troppo drastici ed in contrasto con le speranze dei familiari, ma è meglio affrontare con decisione un problema piuttosto che sperare che, col tempo, le cose si aggiustino da sole: questo, purtroppo, non succede mai.
L’esperienza ci porta ad affermare che, mantenendo un
dialogo costante con l’Associazione, molti casi sono stati risolti o, almeno,
sono stati instradati su un binario di vivibilità.
La nostra insistenza a cercare di
gestire al più presto le persone con comportamenti anomali deriva anche dal
fatto che, purtroppo, abbiamo constatato che specialmente nel periodo
dell’adolescenza e nei giovani maggiorenni, si riscontra una percentuale di
circa l’80% nell’abuso di sostanze psicotrope.
Questo peggiora inevitabilmente l’eventuale malattia psichiatrica (Nota 1); va detto, inoltre, che le sostanze che circolano con molta facilità nei luoghi frequentati dai giovani sono le più pericolose avendo un basso costo e una facile reperibilità. A tutto questo si aggiunge il fatto che la composizione di queste sostanze non è sempre conosciuta rendendo ancora difficile la corretta identificazione: l’ulteriore complicazione è quindi conoscere le conseguenze del loro uso ed attuare un piano terapeutico adeguato.
Ovviamente i parenti stretti che sono a conoscenza che il proprio famigliare ha iniziato a far uso di sostanze devono intervenire (sempre con la collaborazione dei nostri esperti) in modo molto deciso, dato che si potrebbe arrivare ad una “doppia diagnosi” (abuso di sostanze e malattia psichiatrica) (Nota 2).
Con rammarico dobbiamo constatare che molte volte, durante i colloqui di presentazione dei genitori, ci sentiamo dire: “dopotutto, mio figlio/a usa solamente marijuana e qualche volta abusa anche di alcool… quindi come mai si è manifestata la malattia psichiatrica?”.
Purtroppo, per chi giornalmente è a contatto con molti differenti casi, è del tutto evidente che la dipendenza da sostanze -già estremamente difficile da gestire per una persona “normale” - è praticamente impossibile per un malato psichiatrico, per due motivi:
1. La dipendenza da sostanze altera la capacità di giudizio sulle conseguenze delle proprie azioni e rende il paziente particolarmente refrattario a curarsi in modo controllato
2. Le droghe peggiorano/provocano i disturbi psichiatrici (Nota 1)
Di qui l’opportunità di tenere, fin dalle fasi iniziali (Nota 3), la persona che presenta comportamenti “anomali” il più lontano possibile dalle situazioni che possano portare, potenzialmente, all’uso di qualsiasi tipo di droga (...anche le droghe cosiddette “leggere”).
Ovviamente se il paziente
psichiatrico fa uso di sostanze occorre intervenire (sempre con la
collaborazione dei nostri esperti) in modo molto deciso, dato che, a questo
punto, ormai siamo nella grave situazione di “doppia diagnosi”.
Purtroppo, si è anche constatato che molto spesso i soggetti con doppia diagnosi di questo tipo vanno incontro a “disavventure” di tipo giudiziario: la nostra Associazione, sempre se i nostri coordinatori ne ravvisano l’opportunità, è in grado di fornire anche un supporto di tipo legale (Nota 4).
In conclusione, rimane sempre valido il concetto che
“prevenire è meglio di reprimere” e quindi conviene affrontare la situazione,
qualsiasi essa sia, con decisione ed al più presto possibile così da evitare
che si complichi e peggiori ulteriormente.